Polifenoli del tè: quali attività biologiche?

Le foglie della pianta del tè, Camellia sinensis, sono ricche di composti dotati di molte attività biologiche, che spaziano dalla prevenzione dello sviluppo di patologie croniche alla riduzione dell’indice glicemico degli alimenti ricchi di amido.
Nell’infuso sono state individuate più di 4000 molecole differenti, di cui circa un terzo sono polifenoli, i fitochimici più importanti nel determinare il valore nutrizionale della tè.
La maggior parte dei polifenoli del tè appartengono al gruppo dei flavonoidi. Esempi sono le catechine del tè verde, tra cui la più importante e abbondante è la epigallocatechina-3-gallato o EGCG, e le tearubigine e teaflavine del tè nero, per le cui azioni a livello molecolare sembrano essere importanti i gruppi galloile presenti nelle posizioni 3 e/o 3’.

Formula di struttura della epigallocatechina gallato, uno dei polifenoli del te
Epigallocatechina Gallato

Altri composti naturalmente presenti nelle foglie di Camellia sinensis sono:

  • alcaloidi, come caffeina, teofillina e teobromina;
  • aminoacidi, tra i quali uno dei più importanti è la teanina o R-glutamiletilamide, che è anche un neurotrasmettitore cerebrale e uno dei più importanti aminoacidi presenti nel tè verde;
  • proteine;
  • carboidrati;
  • clorofilla;
  • acidi organici volatili, ossia molecole facilmente vaporizzabili che contribuiscono all’aroma della bevanda;
  • fluoro, alluminio e oligoelementi.

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Attività biologiche

I polifenoli, sia in vitro che in vivo, hanno un ampio spettro di attività biologiche che includono:

  • proprietà antiossidanti/pro-ossidanti;
  • un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo del diabete, delle iperlipidemie e di vari tipi di tumori;
  • inibizione dell’infiammazione;
  • attività antivirali;
  • un’attività inibitoria sulla digestione dell’amido;
  • attività anticariogene.

Data la loro abbondante presenza nel tè, negli ultimi anni è cresciuto l’interesse riguardo ai possibili effetti preventivi della bevanda nei confronti di diverse malattie, in particolare delle malattie cardiovascolari, ad esempio nello sviluppo e progressione dell’aterosclerosi.

Meccanismi d’azione

Attualmente si stanno accumulando molte informazioni sui meccanismi cellulari e molecolari attraverso cui i polifenoli del tè esercitano i loro effetti.
Sembra, almeno in vitro, che siano le catechine per il tè verde e le teaflavine e tearubigine per il tè nero, le molecole responsabili degli effetti fisiologici e dei benefici per la salute esercitati dalla bevanda.
Tra gli meccanismi molecolari con cui i polifenoli del tè sembrano agire, sono state osservate modifiche nell’attività di varie protein chinasi conseguenti al loro legame a specifici recettori presenti sulla membrana plasmatica. Le chinasi a loro volta andranno a fosforilare proteine bersaglio, quali ad esempio fattori di trascrizione che potranno così traslocare nel nucleo modificandone l’espressione genica. Questo sembra essere il meccanismo d’azione di EGCG e il meccanismo proposto per le tearubigine, molecole di grandi dimensioni che potrebbero non essere in grado di attraversare la membrana plasmatica.
In aggiunta al legame polifenolo-recettore di membrana, alcuni polifenoli potrebbero essi stessi passare all’interno della cellula legandosi poi a specifici bersagli citoplasmatici, mitocondriali o nucleari.
E, a seconda del tipo cellulare e della loro quantità, i polifenoli del tè potranno attivare o inibire determinati processi cellulari.

Digestione dell’amido

I polifenoli del tè esercitano un effetto inibitorio sulla digestione dell’amido.
Studi in vitro hanno evidenziato che estratti di tè verde, che contengono polifenoli monomerici, hanno una pari efficacia inibitoria sulla digestione dell’amido del pane con e senza glutine, mentre estratti di tè nero, ricchi di tannini, ossia polifenoli polimerici, risultano meno efficaci nel caso del pane con glutine.
Sembra quindi che l’azione inibitoria operata dai tannini sia influenzata negativamente dal glutine, mentre il glutine ha uno scarso effetto inibitorio nei confronti dell’azione dei polifenoli monometrici.
L’effetto inibitorio dei fitochimici è stato attribuito a diversi meccanismi, di seguito brevemente descritti.

  • Un’inibizione competitiva sulla alfa-amilasi pancreatica, azione in cui sembrano essere importante i gruppi galloile.
  • L’inibizione di altri enzimi digestivi presenti nel tratto gastrointestinale.
  • L’interazione con l’amido. I polifenoli potrebbero interagire direttamente con i granuli di amido, attraverso legami idrogeno e forze idrofobiche, riducendo in questo modo la superficie disponibile all’attacco da parte degli enzimi digestivi.
  • Di contro il glutine potrebbe ridurre la quantità di polifenoli in grado di interagire con l’amido e quindi in grado di inibirne la digestione.

I polifenoli del tè potrebbero rappresentare un mezzo per il controllo dell’indice glicemico dei cibi ricchi di amido. Tuttavia va sottolineato che, ad esempio nel caso del pane, per raggiungere un effetto inibitorio reale, l’ingestione di 100 g di pane deve essere accompagnata dalla coingestione di due tazze e mezzo di tè verde o due di tè nero.

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Isoflavoni: cosa sono, dove si trovano, a cosa servono

Gli isoflavoni sono polifenoli privi di colore appartenenti alla famiglia dei flavonoidi.
A differenza della maggior parte degli altri flavonoidi, hanno una distribuzione tassonomica limitata, trovandosi quasi esclusivamente nelle piante appartenenti alla famiglia delle Leguminose o Fabacee, in particolare nella soia.
Poiché i legumi, la soia in primis, sono una parte importante della dieta in molte culture, questi flavonoidi potrebbero avere un grande impatto sulla salute umana.
Si trovano anche nei fagioli e nelle fave, ma in concentrazioni molto minori rispetto a quelle presenti nella soia e nei prodotti derivati.
Un’altra buona fonte di tali molecole è il trifoglio rosso o trifoglio dei prati (Trifolium pratense), anch’esso appartenente alla famiglia delle Leguminose.
Nella frutta e verdura, al momento, non ne sono stati trovati.
Insieme agli acidi fenolici, quali l’acido caffeico e l’acido gallico, e ai glicosidi della quercetina, sono i polifenoli meglio assorbiti, seguiti dalle catechine (ma non le gallocatechine) e dai flavanoni.
Nelle piante alcuni isoflavoni sono dotati di attività antimicrobica e sono sintetizzati in risposta ad attacchi da parte di batteri o funghi; agiscono quindi come fitoalesine.

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Struttura chimica

Mentre nella maggior parte dei flavonoidi l’anello B si lega all’anello C in posizione 2, negli isoflavoni l’anello B si lega all’anello C in posizione 3.

Formula di struttura dello scheletro di base degli isoflavoni
Scheletro di Base degli Isoflavoni

Anche se non sono steroidi, sono strutturalmente simili agli estrogeni, in particolare all’estradiolo. Questo conferisce loro proprietà pseudormonali, compresa la capacità di legarsi ai recettori per gli estrogeni, e sono per questo considerati fitoestrogeni o estrogeni vegetali. I benefici spesso ascritti alla soia e ai cibi a base di soia (es. il tofu) si ritiene derivino dalla capacità degli isoflavoni presenti di agire come fitoestrogeni.
Va però sottolineato che il legame ai recettori per gli estrogeni sembra perdere forza con il tempo, per cui la loro efficacia non andrebbe sopravvalutata.
Negli alimenti sono presenti in quattro forme:

  • aglicone;
  • 7-O-glucoside;
  • 6’-O-acetil-7-O-glucoside;
  • 6’-O-malonil-7-O-glucoside.

Isoflavoni della soia: genisteina, daidzeina e gliciteina

La soia e i suoi derivati, come il latte, il tofu, il tempeh e il miso, sono la principale fonte di isoflavoni nella dieta umana.
Il contenuto in isoflavoni della soia e dei prodotti derivati varia in modo considerevole in funzione della zona geografica e delle condizioni di crescita e lavorazione; ad es. la soia ne contiene tra 580 e 3800 mg/kg di peso fresco mentre il latte di soia tra i 30 e i 175 mg/L. I più abbondanti in questi alimenti sono la genisteina, la daidzeina e la gliciteina, in genere presenti in rapporto di concentrazione 1:1:0,2; altri isoflavoni presenti sono la biocanina A e la formononetina.

Formule di struttura degli isoflavoni
Esempi di Isoflavoni

I 6’-O-malonil derivati hanno un gusto sgradevole, amaro e astringente, e quindi conferiscono un cattivo sapore ai cibi in cui sono contenuti. Tuttavia, essendo sensibili alla temperatura, sono spesso idrolizzati a glicosidi nel corso dei processi industriali, come la produzione del latte di soia.
I processi di fermentazione che sono necessari nella preparazione di cibi come il tempeh e il miso determinano a loro volta l’idrolisi dei glicosidi ad agliconi, ossia la molecola priva di zucchero.
I glicosidi degli isoflavoni della soia e dei prodotti della soia possono essere deglicosilati anche per azione delle β-glicosidasi dell’intestino tenue umano.
Gli agliconi sono molto resistenti al calore.
Sebbene molti composti presenti nella dieta siano convertiti dai batteri intestinali in molecole meno attive, in altri casi si verifica la conversione in molecole dotate di maggiore attività biologica. Questo è il caso degli isoflavoni, ma anche dei prenilflavonoidi del luppolo (Humulus lupulus), e dei lignani, anch’essi fitoestrogeni.

Fitoestrogeni e menopausa

Nelle donne in perimenopausa, anche detta transizione menopausale, e in menopausa vera e propria, i sintomi vasomotori, come le vampate di calore e le sudorazioni notturne, e la perdita di massa ossea sono molto comuni. La terapia sostitutiva ormonale (TOS) si è dimostrata un trattamento molto efficace per queste problematiche.
Il ricorso a terapie alternative a base di fitoestrogeni è aumentato a seguito della pubblicazione dei risultati del “Women’s Health Initiative” (WHI), i quali suggeriscono che la terapia sostitutiva ormonale potrebbero portare più rischi, in particolare un aumento della probabilità di sviluppare di alcune malattie croniche, che benefici.
Tra i fitoestrogeni più utilizzati dalle donne in menopausa ci sono gli isoflavoni della soia, spesso assunti in forma di alimenti fortificati o compresse. Molti studi hanno però messo in evidenza la mancanza di efficacia degli isoflavoni di soia, e del trifoglio rosso, anche in grandi dosi, nella prevenzione dei sintomi vasomotori (vampate di calore e sudorazioni notturne) e della perdita di massa ossea durante la menopausa.

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