La digestione dei carboidrati è il processo mediante il quale, nel tratto gastrointestinale, i polisaccaridi, gli oligosaccaridi e i disaccaridi assunti con l’alimentazione sono idrolizzati nei monosaccaridi costituenti, ossia, glucosio, fruttosio e galattosio, che sono di seguito assorbiti.
Nella dieta dell’uomo sono presenti carboidrati sia semplici che complessi, disponibili e non disponibili.
I carboidrati disponibili rappresentano una sorgente di energia con un costo relativamente basso, anche dal punto di vista dell’emissione di gas serra, e sono facilmente assimilabili, mentre i non disponibili sono i principali costituenti della fibra e non sono assimilabili.
Indice
- Digestione dei carboidrati: amido
- Digestione dei carboidrati: disaccaridi e oligosaccaridi
- Digestione dei carboidrati: enzimi coinvolti
- Bibliografia
Digestione dei carboidrati: amido
La digestione dell’amido avviene in reazioni catalizzate da enzimi detti alfa-amilasi. Si tratta di endoglicosidasi, enzimi che idrolizzano casualmente i legami glicosidici α-(1→4) interni alle catene sia dell’amilopectina che dell’amilosio liberando:
- maltosio;
- maltotrioso (trisaccaride formato da tre unità di glucosio);
- alfa-destrine o destrine alfa-limite.
Le alfa-destrine sono oligosaccaridi ramificati formati da diverse molecole di glucosio legate da legami glicosidici α-(1→4) e uno α-(1→6). Quelle composte da 5-6 unità, al termine della digestione dell’amilopectina da parte della alfa-amilasi, rappresentano circa un terzo del prodotto finale.
Dalla digestione dell’amilosio si formeranno soltanto maltosio e maltotrioso, non essendo presenti punti di ramificazione.
Il glicogeno è interessato in minima parte da queste reazioni in quanto, dopo la morte dell’animale, va incontro a una rapida degradazione, in gran parte a glucosio e poi ad acido lattico.
La alfa-amilasi è secreta sia dalle ghiandole salivari, e in questo caso è detta salivare o ptialina, che dal pancreas esocrino, e in questo caso è detta pancreatica.
Bocca e stomaco
La digestione dell’amido ha inizio nella bocca grazie all’azione della alfa-amilasi salivare, per cui il tasso di masticazione e il tempo di permanenza in bocca, comunque relativamente breve, sono il primo fattore che influenza l’interazione tra l’enzima e l’amido, e che può migliorare la digestione.
Una volta nello stomaco, che essenzialmente agisce come un serbatoio, l’acidità gastrica inattiva l’alfa-amilasi salivare, il cui pH ottimale è di circa 7, anche se la presenza di amido in parte può proteggere l’enzima dalla degradazione gastrica permettendone il passaggio con il cibo nel duodeno, dove potrà affiancare l’alfa-amilasi pancreatica nel processo digestivo.
Se negli adulti quest’azione è di importanza minima, nei neonati, e in particolare nei prematuri, può essere di qualche utilità in quanto nei primi mesi di vita nei prematuri la produzione di alfa-amilasi pancreatica è ridotta. Comunque, data la bassa concentrazione dell’alfa-amilasi salivare nel lume intestinale, pediatri e nutrizionisti raccomandano di evitare l’amido nella dieta finché il bambino non ha almeno 6 mesi di vita.
Intestino tenue
Quando dallo stomaco si passa nell’intestino tenue, lo ione bicarbonato secreto dal pancreas sotto stimolazione dell’ormone secretina neutralizza l’acidità gastrica portando il pH a circa 7, un valore ottimale per l’azione degli enzimi pancreatici coinvolti nella digestione dei carboidrati, tra cui l’alfa-amilasi, degli enzimi intestinali, e per la alfa-amilasi salivare residua.
Ricomincia così la digestione dell’amido, che per la maggior parte avviene nel duodeno, grazie all’alfa-amilasi pancreatica, secreta in quantità ampiamente maggiore rispetto alle necessità digestive. Infatti, in risposta ai pasti, l’enzima è secreto in quantità almeno 10 volte maggiore rispetto a quella richiesta per la digestione ottimale dell’amido.
Sebbene l’alfa-amilasi pancreatica agisca principalmente nella fase polare del contenuto intestinale, dove quindi si verifica la maggior parte della digestione dell’amido, una parte aderisce alla mucosa intestinale a livello dell’orletto a spazzola degli enterociti. Secondo alcuni questa disposizione topografica potrebbe essere vantaggiosa in quanto determinerebbe il rilascio dei prodotti di scissione dell’amido, maltosio, maltotriosio e alfa-destrine, all’interfaccia lume-membrana dell’enterocita, dove avviene la parte finale della digestione per opera degli enzimi dell’orletto a spazzola.
L’ileo, la parte terminale del piccolo intestino, è in grado continuare la digestione dei carboidrati e assorbire i prodotti della stessa, sebbene in misura minore rispetto al digiuno e ovviamente al duodeno. In presenza di malattia a carico del digiuno o di rimozione chirurgica del tratto superiore del piccolo intestino, l’ileo è in grado di adattarsi alla nuova condizione e assumere un ruolo importante nella digestione dei carboidrati e il successivo assorbimento dei monosaccaridi liberati.
Digestione dei carboidrati: disaccaridi e oligosaccaridi
L’ultima fase della digestione dei carboidrati è portata a termine da enzimi prodotti dagli enterociti e localizzati sulla superficie dell’orletto a spazzola delle cellule stesse.
Si tratta di glicoproteine con attività idrolasica che vanno ad agire sui prodotti dell’azione delle alfa-amilasi, maltosio, maltotrioso e α-destrine, nonché su due altri carboidrati, i disaccaridi saccarosio e lattosio.
La capacità di sintetizzare questi enzimi è acquisita durante la vita fetale, nel periodo precedente la nascita, per cui i neonati ne sono in possesso.
Diverse glicosidasi sono in grado di agire solo su legami alfa-glicosidici ossia legami in cui il “ponte” formato dall’atomo di ossigeno è al di sotto del piano individuato dalla struttura ad anello dello zucchero; si parla pertanto di alfa-glucosidasi e nello specifico di:
- saccarasi;
- glucoamilasi;
- alfa-destrinasi.
Nota: le glicosidasi presenti nel nostro organismo non sono in grado di agire sui carboidrati in cui il glucosio è legato da legami beta-glicosidici, come la cellulosa.
Tutte le alfa-glucosidasi presenti sull’orletto a spazzola degli enterociti sono specifiche per il legame glicosidico α-(1→4) che lega, a livello dell’estremità non riducente della catena, l’ultimo al penultimo residuo di glucosio. Ciò che le differenzia, e che è alla base della loro nomenclatura, è il grado di affinità verso i legami glicosidici presenti all’estremità non riducente della catena saccaridica.
Appare evidente che le alfa-glucosidasi non lavorano in maniera separata sui substrati in quanto in ogni passaggio del processo di digestione dei carboidrati una o più di loro avrà un’elevata specificità per il legame alfa-glicosidico al momento più vicino all’estremità non riducente dell’oligosaccaride di turno.
Solamente i prodotti finali della attività catalitica delle alfa-glucosidasi, lattasi e trealasi, ossia glucosio, fruttosio e galattosio, saranno trasportati attraverso la parete intestinale e riversati nel circolo ematico per essere distribuiti al fegato e quindi ai diversi tessuti.
Digestione dei carboidrati: enzimi coinvolti
Glucoamilasi
L’enzima ha un’elevata specificità per il legame glicosidico α-(1→4) presente all’estremità non riducente della porzione lineare di oligosaccaridi contenenti da 4 a 9 residui di glucosio; la sua specificità di azione si estende però anche al maltotrioso e al maltosio.
Specificità per: legame glicosidici α-(1→4) di oligosaccaridi (4-9 residui di glucosio), maltosio e maltotrioso.
Saccarasi
E’ in grado di scindere con elevata efficienza il legame glicosidico α-(1→4) del maltosio e del maltotrioso per cui è una efficiente maltasi ma deve il suo nome alla sua capacità, unica tra gli enzimi intestinali, di idrolizzare il legame glicosidico α-(1→2) che lega glucosio e fruttosio nella molecola del saccarosio.
Specificità per: maltosio, maltotrioso e saccarosio.
Alfa-destrinasi
Anche questo enzima è in grado agire, con una buona specificità, sui legami glicosidici α-(1→4) degli oligosaccaridi che derivano dalla digestione dell’amido, ma presenta massima specificità, unica tra gli enzimi intestinali, per il legame α-(1→6), punto di inizio della ramificazione dalla catena principale delle alfa-destrine.
Data la sua specificità per il legame α-(1→6) e l’utilizzo dell’isomaltosio come substrato, l’enzima è comunemente chiamato isomaltasi, ma poiché l’isomaltosio non è uno dei prodotti dell’azione della alfa-amilasi sull’amilopectina viene preferito il nome alfa-destrinasi.
Specifica per: legame glicosidico α-(1→4) e per quello α-(1→6).
Nota: la saccarasi e l’alfa-destrinasi derivano dallo stesso gene. La glicoproteina nativa viene esposta sulla membrana dell’enterocita e quindi scissa dalla tripsina, con separazione delle due attività enzimatiche nelle due glicoproteine così formate, che però rimangono unite attraverso interazioni non covalenti.
Quindi l’enzima multifunzionale saccarasi-isomaltasi possiede le attività enzimatiche della saccarasi, maltasi e isomaltasi (alfa-destrinasi), i substrati sono rispettivamente il saccarosio, con liberazione di glucosio e fruttosio, il maltosio e il maltotriosio, con liberazione di glucosio, e le alfa-destrine, con liberazione di glucosio e malto triosio.
Lattasi
L’enzima è l’unica beta-glicosidasi a livello dell’orletto a spazzola degli enterociti.
Viene espressa tardi nel corso dello sviluppo delle cellule intestinali, quando le stesse hanno quasi raggiunto l’estremità del villo; da ciò il motivo per cui l’enzima spesso è il primo a essere perso nelle malattie intestinali.
Catalizza una reazione β-(1→4)-glicosidasica che porta alla liberazione di glucosio e galattosio dal lattosio.
La lattasi fa parte di un enzima multifunzionale dove oltre all’attività lattasica se ne ritrova anche una in grado di idrolizzare i glicolipidi (ceramidi a dare acidi grassi e sfingosina) presenti nel latte, attività detta florizin idrolasica; per questo la lattasi è detta anche lattasi-florizin idrolasi.
Specificità per: lattosio e glicolipidi
Nota: anche la beta-galattosidasi prodotta dai batteri dello yogurt è in grado di scindere il lattosio nei due zuccheri costituenti.
Trealasi
L’enzima è specifico per il trealosio e porta alla liberazione delle due molecole di glucosio che compongono il disaccaride.
Bibliografia
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- Stipanuk M.H., Caudill M.A. Biochemical, physiological, and molecular aspects of human nutrition. 3rd Edition. Elsevier health sciences, 2012