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Massa grassa: come perderla e dimagrire bene

La letteratura scientifica internazionale è concorde nello stabilire come limite inferiore per l’apporto calorico giornaliero 1200 kcal per la donna e 1500 kcal per l’uomo (adulti).
Per rendere il bilancio calorico giornaliero negativo, perdere peso, ma soprattutto perdere massa grassa, alla valutazione delle reali necessità caloriche del soggetto sarà da affiancarsi:

Bilancio Calorico Giornaliero

Questo renderà il dimagrimento più facile e proteggerà dai successivi aumenti di peso, in particolare da quello che è conosciuto come effetto yo-yo.
In definitiva ci deve essere un cambio nello stile di vita.

Indice

Perdere massa grassa e diete miracolose

Dunque, la strategia migliore per perdere massa grassa non è una drastica riduzione dell’apporto calorico e neppure seguire regimi alimentari costrittivi, ad es. diete che promettono miracoli come la “dieta del minestrone”, la dieta Plank, la dieta Master Cleanse e molte altre che obbligano a eliminare o ridurre fortemente l’apporto di determinati macronutrienti, quasi sempre i carboidrati, con apporti spesso esagerati di proteine. Condotte simili possono essere:

Infine non assicurano affatto che i chili persi siano solo o quasi solo massa grassa, e spesso sono seguite da aumenti del peso corporeo sostanziali ossia da quello che è conosciuto come effetto yo-yo.
Perché?

Effetti sulla massa grassa della restrizione calorica

Una riduzione eccessiva dell’apporto calorico vuol dire mangiare molto poco e questo determina il rischio, elevato, di non assumere in quantità adeguate i diversi nutrienti essenziali, quelli cioè che non possiamo sintetizzare, come le vitamine, alcuni aminoacidi, gli acidi grassi essenziali, che sono una sottoclasse di lipidi, ed i minerali, tra cui il calcio, indispensabile per il metabolismo osseo in ogni fase della vita, o il ferro che è utilizzato in molte funzioni del nostro organismo come il trasporto di ossigeno ai tessuti. Tutto ciò si traduce anche in una depressione del metabolismo e quindi una riduzione dei consumi.
Se poi la riduzione dell’apporto calorico è eccessiva o addirittura ci sono periodi di digiuno al danno si aggiunge la beffa in quanto si perderà una quota di massa magra. In che modo?

Riduzione delle calorie e ruolo dei carboidrati

Il glucosio rappresenta l’unica fonte di energia per i globuli rossi ed alcune zone del cervello, mentre altre zone possono ricavare energia anche dai corpi chetonici, un prodotto del metabolismo degli acidi grassi.
A riposo il cervello estrae il 10% del glucosio dal circolo, una quantità non trascurabile, circa 75 mg/min., se si considera che il suo peso è di circa 1,5 kg. Per mantenere costante la glicemia, e quindi assicurare un costante rifornimento di glucosio ai vari tessuti, è necessario assumere carboidrati, o in alternativa aminoacidi, entrambe facilmente ottenibili dagli alimenti.
In caso di un apporto dietetico di carboidrati scarso o assente, considerando che dopo circa 18 ore si esaurisce il glicogeno epatico che rilascia in circolo glucosio, l’organismo sintetizza de novo glucosio a partire da alcuni aminoacidi attraverso un processo detto gluconeogenesi. Questa via metabolica è attiva anche dopo un pasto normale, ma in caso di digiuno la sua importanza aumenta.
Ma qual è la principale fonte di aminoacidi nell’organismo nel caso in cui anche il loro apporto dietetico sia scarso o assente? Le proteine endogene, ed esiste una sorta di gerarchia nella loro utilizzazione cioè prima si consumano quelle che servono di meno e solo in seguito quelle più importanti. Per primi saranno utilizzati gli enzimi della digestione, pepsina, chimotripsina, elastasi, carbossipeptidasi e aminopeptidasi, in tutto 35-40 g; in seguito fegato e pancreas rallentano la loro attività di sintesi di proteine da esportare e gli aminoacidi inutilizzati sono avviati verso la gluconeogenesi. E’ evidente che queste riserve di aminoacidi sono abbastanza modeste, e sarà il muscolo a farsi carico di fornirne le quantità necessarie, cioè ha inizio la proteolisi delle proteine del muscolo.
Da notare che comunque non esiste una sequenzialità assoluta nella degradazione delle diverse proteine, c’è invece un intreccio in cui, procedendo, certe vie perdono di importanza ed altre ne acquistano. Quindi per mantenere la glicemia costante viene ridotta la componente proteica del muscolo, compreso quello scheletrico, un tessuto che rappresenta una discreta quota del valore del metabolismo basale e che con l’attività fisica è in grado di aumentare considerevolmente il suo dispendio energetico: dunque fondamentale ai fini della perdita di peso, cioè di massa grassa, e del successivo mantenimento. E’ come se si riducesse la cilindrata del motore.
Una cosa a cui non si pensa è che anche il cuore è un muscolo per cui potrà essere soggetto agli stessi processi visti per il muscolo scheletrico.
In definitiva produrre glucosio a partire dalle proteine, anche di origine alimentare, è come scaldarsi al camino bruciando il mobilio del settecento, gli aminoacidi, avendo a disposizione legna da ardere, i carboidrati alimentari.
Pertanto un adeguato apporto di carboidrati con l’alimentazione previene la perdita eccessiva delle proteine ossia c’è un effetto di risparmio delle proteine svolto dai carboidrati.
Nota: i mammiferi, e quindi gli esseri umani, non hanno la capacità di sintetizzare glucosio a partire dai grassi.

Carboidrati: cosa entra quando loro escono

L’eliminazione o la forte riduzione dell’apporto di carboidrati con la dieta si traduce in un aumentato apporto di proteine, lipidi, incluso il colesterolo, in quanto sarà aumentata l’assunzione di prodotti di origine animale, uno dei principali difetti delle diete iperproteiche.
Infatti, nell’organismo non esistono riserve di aminoacidi per cui questi vengono metabolizzati e, come sottoprodotto della loro utilizzazione, si forma ammoniaca che dovrà essere eliminata in quanto tossica. Per questo motivo le diete iperproteiche comportano un lavoro extra per fegato e reni, e anche per questo non sono esenti da potenziali rischi per la salute.
Un aumentato apporto di grassi molto spesso si traduce in un aumento dell’assunzione di acidi grassi saturi, acidi grassi trans e colesterolo, con tutte le conseguenze che ciò può avere a livello cardiovascolare.
Quanto detto non deve incitare ad assumere quantità elevate di carboidrati; questa classe di macronutrienti dovrebbero rappresentare il 55-60% della quota calorica giornaliera, i grassi il 25-30% (olio di oliva in primis) e la restante quota alle proteine: dunque una composizione in macronutrienti che si rifà alla dieta prudente o alla dieta mediterranea.

Massa grassa e ingresso nella fase di carestia/malattia

Una riduzione eccessiva dell’apporto calorico viene registrata a livello dei nostri meccanismi di difesa come un “ingresso” in una fase di carestia/malattia.
L’abbondanza di cibo è una caratteristica della nostra epoca, almeno nei paesi industrializzati, mentre il nostro organismo si è evoluto nel corso di centinaia di migliaia di anni durante i quali non c’era l’attuale abbondanza: dunque è stato programmato per cercare di superare con il minimo dei danni periodi di carestia. Se l’apporto calorico viene ridotto drasticamente si mima una carestia: quello che l’organismo fa è di abbassare i consumi, ridurre il metabolismo basale ossia consuma di meno e quindi anche mangiando poco non si otterranno grandi perdite di massa grassa. E’ come se a una macchina si abbassasse la cilindrata, consumerà meno, e nel nostro caso brucerà meno massa grassa.

Effetto yo-yo

Il weight cycling o effetto yo-yo, ossia fasi ripetute di perdita e acquisto di peso, appare correlato a un eccesso di peso e a un accumulo di grasso a livello addominale.
Diversi studi suggeriscono l’esistenza nelle donne di un legame tra effetto yo-yo e diverse condizione quali:

Infine l’effetto yo-yo si associa anche a una maggiore facilità di prendere peso rispetto alle donne che non sono soggette. A questo riguardo c’è da sottolineare che questa condizione si verifica nell’arco di anni durante i quali, invecchiando, la velocità del metabolismo inevitabilmente tende a diminuire: questo potrebbe rendere più difficoltose le perdite successive.

Bibliografia

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